Per comunicare il vino è necessario studiare il mondo italiano al fine di comprendere alcune peculiarità che nascono dalla storia, dalla vita vissuta tutti i giorni, dal piacere e dal bisogno.
Nei nostri precedenti articoli abbiamo approcciato il tema della comunicazione in alcune sue differenti forme. Con le righe di oggi, ci piacerebbe cambiare un attimo la visuale ed inserirsi a pieno dentro l’argomento principale che la nostra rivista tratta in questo numero: il mondo delle bollicine. Non temete, potrebbe sembrare che vada fuori tema, ma, in realtà, alla base di tutto rimane il saper comunicare ed il riuscire a farlo nella maniera corretta.
Da sempre chi produce vini spumanti (sia con il metodo classico che con quello Martinotti – lasciatemelo chiamare con il nome italiano) nel nostro paese, ha avuto come riferimento (ma anche come competitor) le aziende della grande regione francese dello Champagne. A loro sicuramente va il merito di avere dato alla storia un prodotto vinicolo riconosciuto in tutto il mondo. La differenza con il mondo brioso italiano, però, sta nel fatto che, pur riconoscendo la grandezza dei metodi classici dei nostri cugini d’Oltralpe, lo Stivale possa vantare alcune tradizioni interessanti. Non entrando nel merito della produzione importante di metodo classici o Martinotti a base di interessanti cultivar autoctone del nostro paese (che possono far scoprire sicuramente le varie sfaccettature di alcuni grandi vitigni – da buon toscano penso subito al Sangiovese spumante, ad esempio -), ma valutando un elemento di comunicazione – non a caso -, vi lancio il segnale di quanto possa essere importante valutare l’abbinamento storico tra la gastronomia ed il vino.
Avete presente quella emiliana delle città come Bologna, Parma, Modena, Reggio, Piacenza? Un mondo fatto di piatti ricchi, con una grande tradizione basata su tortelli (quindi paste con ripieni spesso importanti e impasti ricchi di uova), ma anche salumi, insaccati. Bene cosa di meglio che abbinare a questi cibi un vino che potesse sgrassare? E subito andiamo a pensare al Lambrusco. Un abbinamento perfetto, armonico, geniale a tratti. Bisogna, quindi, ricordare, pensare e studiare il mondo italiano per comprendere alcune peculiarità che ormai sono nella consuetudine del quotidiano, ma che nascono dalla storia, dalla vita vissuta tutti i giorni, dal piacere e dal bisogno. Chi si approccia al nostro Paese deve avere i giusti strumenti per comprendere questo percorso e sta a noi aiutare chi ama l’Italia ed i suoi prodotti a capire questi percorsi storici.
Ecco, dunque, che entra in gioco la corretta comunicazione unita ad una formazione precisa e dettagliata. Lo scopo finale è quello di godere al massimo di queste perle che la nostra tradizione enogastronomica offre. Per cui non mi resta che inviarvi un caloroso Cin cin che, in questo periodo difficile per il mondo intero, suona anche come un suono di speranza e quanto prima di libertà e liberazione dal giogo di questa terribile pandemia.
Riccardo Gabriele, Pr Comunicare il vino
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