Con Nesos e Abissi, le profondità del mare si trasformano in cantina
di Marcella Pace
Il cullare delle onde, la salinità dell’acqua, l’oscurità del fondale marino popolato di tutti i suoi organismi influenzano il processo di trasformazione delle uve e del vino. Così le profondità del mare si tramutano in una cantina inusuale e di fascino assoluto. Dietro Nesos, il vino marino e Abissi, lo spumante sommerso, sembra esserci un’idea simile, ma le applicazioni e le metodologie impiegate sono completamente diverse e li rendono due progetti vinicoli in egual modo eccezionali, e al tempo stesso differenti sotto ogni aspetto.
Denominatore comune dei due esperimenti è uno sguardo lungimirante di due vignaioli verso il passato, un ritorno alle tradizioni quasi leggendarie, con il desiderio di creare un prodotto unico e nuovissimo. Nesos, il vino marino nasce nelle acque dell’Isola d’Elba, in Toscana dalla caparbietà del produttore Antonio Arrighi, titolare dell’azienda agricola “Arrighi Vigne e Olive”. Qui le uve appena raccolte vengono immerse nelle acque del mar Tirreno, e vi rimangono per qualche giorno per poi tornare a terra e cominciare la vinificazione. Per lo spumante sommerso, Abissi, invece, scendono nelle profondità del mar Ligure della Baia del Silenzio di Sestri Levante le bottiglie metodo classico dell’azienda “Bisson” di Pierluigi Lugano, pioniere dell’affinamento in mare.
Abissi, lo spumante sommerso di Pierluigi Lugano
Il rapporto con il vino di Pierluigi Lugano è viscerale. In cantina ci è entrato ad appena cinque anni. Con un passato da docente di Storia dell’Arte, Archeologia e Disegno nelle scuole superiori, nel 1978 ha creato Bisson, la sua azienda vinicola in Liguria. Lo studio delle origini che lo ha animato nella sua prima vita professionale lo ha applicato anche nella seconda. Quella nel mondo enologico, dando vita ad Abissi, il primo spumante sommerso mai prodotto in Italia che invecchia in fondo al mare.
Sommelier, in passato vice campione italiano di degustazione, comincia ad approfondire la qualità del vino sotto ogni aspetto. Anche storico. “Mi sono interrogato su quale fosse stato il periodo di svolta enologica, parlando delle origini del vino, mirata a creare una classifica di bontà – rivela Lugano -. Il pensiero è andato a una parabola del Vangelo, delle Nozze di Cana, dove dopo la trasformazione miracolosa dell’acqua in vino, il maestro di tavola parlò di vino migliore, dunque c’era già l’interpretazione della qualità”. In questa ricerca storica, unita alle sue conoscenze di docente, Lugano rimane folgorato dalla tradizione dell’accatastamento delle anfore per conservare il vino nelle antiche grotte.
“Erano le prime cantine e già allora c’era la ricerca della temperatura costante, della penombra. Stappando le anfore rinvenute dopo secoli però erano prosciugate. Nel Rinascimento con l’invenzione dei primi respiratori subacquei di Leonardo da Vinci, sono stati rinvenuti i primi relitti di epoca romana, nelle cui stive erano riposte anfore vinarie.
Alla loro stappatura, il vino era lì, conservato perfettamente”, spiega il produttore.
Gli studi di Lugano continuano e il vignaiolo decide di affinare il vino in mare. “Ho pensato che uno spumante, che nell’ambito dei vini è il più delicato e il più sensibile all’ossigeno, immerso in acqua, potesse migliorare a livello organolettico, sia sotto l’aspetto visivo, con il perlage che assume una finezza incredibile, che sotto l’aspetto dell’eleganza e della qualità”.
Negli anni ’90 Lugano inizia una lunga serie di esperimenti che si protrae per dieci anni, per individuare la profondità più giusta per temperatura, pressione, ma anche i contenitori più adatti, per tirare fuori un vino eccellente. Abissi, lo spumante sommerso.
La prima realizzazione risale al 2008. Lugano immerge nelle cristalline acque del mar Ligure, lo spumante di casa Bisson prodotto con metodo classico, (il primo spumante in tutta la Liguria), utilizzando tre vitigni autoctoni liguri, la bianchetta genovese, il vermentino e lo cimixia. Ma c’è anche la versione Rosè, a base di ciliegiolo e granaccia.
Il luogo prescelto per l’immersione di Abissi, è la Baia del Silenzio di Setri Levante. Le bottiglie, dopo la seconda fermentazione, chiuse con tappo a corona classico, vengono inserite in gabbioni da 550 bottiglie l’uno, fatti con una lega in acciaio anticorrosione. La profondità è tra i 45 e i 60 metri, con una temperatura costante di 15 gradi, l’assenza di ossigeno evita scambi e perdita di pressione e conferisce longevità, la pressione è a 7 bar. E poi le correnti cullano le bottiglie. “Qui avviene l’autolisi in un ambiente dove non c’è ossigeno e dove le bottiglie sviluppano il processo di affinamento e si arricchiscono di incrostazioni ed elementi che ne fanno qualcosa di unico”. Su ogni singola bottiglia, si saldano alghe, sabbia, crostacei, stelle marine. Tutti organismi che le rendono magiche e affascinanti. Una volta fuori, vengono avvolte in una pellicola trasparente, brevettata da Lugano, per proteggere un oggetto che finisce in tavola.
Le bottiglie riposano in mare per due o tre anni, ma c’è una partita che sta per sfiorare i 10 anni. La prima immersione ha riguardato 6.500 bottiglie, ma oggi i numeri sono saliti a 30 mila. “Ho scelto di creare un Pas Dosé, in assenza di zuccheri residui. È uno spumante che esalta le caratteristiche date dai sali minerali del territorio – chiarisce Lugano -. Nel retrogusto-olfattivo si sente lo iodio, e non perché le bottiglie sono state a contatto con il mare per un periodo, ma perché sono vitigni coltivati in terreni fortemente influenzati dal mare”.
Nesos, il vino marino di Antonio Arrighi
Era il 2018 quando nella mente di Antonio Arrighi, vignaiolo toscano, titolare dell’azienda agricola dell’Isola d’Elba, Arrighi Vigne e Olive, che affonda le sue radici nel 1800, si sviluppa l’idea di un esperimento enologico in mare. “Insieme al professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano con la collaborazione delle studiose Angela Zinnai e Francesca Venturi, Arrighi decide di ripercorrere dopo 2500 anni le varie fasi di un vino antico, il vino di Chio, una piccola isola dell’Egeo orientale. Un vino dolce e alcolico che veniva trasportato via mare. La presenza del sale derivante dalla pratica di immergere l’uva chiusa in una cesta nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia e accelerare così l’appassimento al sole, preservava l’aroma del vitigno. E così, sulle tracce di questo affascinante mito, Arrighi prova a riproporre l’esperimento e crea il suo personalissimo vino marino, Nesos.
“Immergiamo l’ansonica, uva tipica dell’Elba che raccogliamo intorno alla metà di settembre, a 10 metri di profondità. L’uva viene messa all’interno delle nasse, ceste di vimini che vengono poi bloccate sul fondo con l’ausilio di corde per resistere alla corrente marina”, spiega Arrighi. L’esperimento negli anni ha visto già diversi tentativi con altre uve e per individuare la profondità giusta, al momento testata tra i 7 e i 10 metri di profondità, ma in futuro si tenterà la discesa anche tra i 50 e i 100 metri, in totale assenza di luce. “Abbiamo provato a immergere l’aleatico, che a contatto con l’acqua e il suo sale – chiarisce Arrighi – dura appena sette ore, per via della sua buccia sottilissima. Poco più dura il sangiovese. Mentre l’ansonica, su cui ci siamo concentrati, arriva anche a cinque giorni”. Tirate fuori le nasse, l’uva viene subito messa al sole per farla asciugare e far recuperare i suoi zuccheri persi nell’immersione. Questo leggero appassimento sui graticci dura circa 3 giorni, durante i quali di notte gli acini vengono coperti da teli per preservare l’uva dall’umidità. “A quel punto l’uva viene deraspata a mano e messa in piccole anfore da 25 litri, rispettando le dimensioni originali dell’anfora di Chio, dove resta a contatto con le sue bucce fino a primavera”, continua Arrighi. Il sale marino durante i giorni di immersione, per osmosi penetra anche all’interno, senza danneggiare l’acino. La presenza di sale nell’uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso un utilizzo limitato di solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.
La prima annata di questo formidabile esperimento ha visto la produzione di 40 bottiglie, che oggi sono arrivate a 100. Nesos, il cui nome deriva dal termine isola in greco antico, “è un vino diverso – ammette il produttore -. Per la sua densità all’esame visivo sembra quasi un passito. Al naso ricorda le aldeidi, la vernice, lo smalto, ha dei sentori di mandorla e in bocca è stranissimo. Entra una sapidità notevole e dopo qualche secondo ritorna. E ricorda il mare”.
L’articolo iè pubblicato in cinese su 19Youbao magazine, sfoglia qui tutti i numeri!