C’è una lunga storia d’amore tra la collina e il vino
In una delle citazioni presenti nella poesia dialettale “El Vin Friularo” del 1788 scritta dal poeta veneto Ludovico Pastò, si celebra la ricchezza, la struttura, la potenza, la maestosità del vino prodotto dal vitigno nato proprio dalla sua regione natale, ovvero il Friularo.
Il Friularo è un antichissimo e poco conosciuto vitigno autoctono a bacca rossa, unico principe della pianura padovana. E’ un biotipo della varietà viticola veneta Raboso Piave ed è originario del piccolo comune di Bagnoli di Sopra. Dal 2011 è annoverato fra le DOCG italiane (DOCG Bagnoli Friularo, unica DOCG da bacca rossa del padovano) che coinvolge i 14 comuni della bassa padovana dove storicamente viene coltivato questo vitigno.
Il Friularo era già apprezzato anticamente, ma si hanno delle prove storiche più certe riguardo la sua esistenza, coltivazione e commercializzazione dall’epoca medievale per merito dei monaci benedettini che abitavano le abazie della bassa padovana, ancor più precisamente i monaci dell’abbazia di Santa Giustina che al tempo insegnarono nuove e più evolute modalità di coltivazione ai contadini del luogo.
Federico II di Svevia
Si narra che nel 1239 l’imperatore Federico II di Svevia durante il suo soggiorno in terra padovana fu ospitato proprio dai monaci dell’antico monastero di Santa Giustina e durante la sua permanenza si innamorò perdutamente di questo vino Friularo. L’imperatore se ne innamorò talmente tanto che i monaci prima della sua ripartenza gliene fecero ricevere in dono ben “due carri” che lo accompagnarono nei suoi viaggi attraverso l’impero.
E si hanno prove che nel 300’ il Friularo fosse già presente nei ricchi banchetti dell’aristocratica e potente famiglia padovana dei Carraresi ed era commercializzato in tutta la città veneta.
Come dimostrato anche dalla sontuosa donazione fatta dai benedettini all’imperatore Federico II di Svevia per i suoi lunghi viaggi imperiali, il Friularo si è contraddistinto per una preponderante spigolosità data dalla forte presenza di acidi fissi che gli donano una struttura importante, tanto da meritare il soprannome dialettale di “Vin da viajo” ossia vino da viaggio, per la capacità di potersi conservare perfettamente durante i lunghi viaggi delle carovane.
Insomma seppur ancora molto sconosciuto, il Friularo rappresenta una delle eccellenze viticole-enologiche più storiche e pregiate del Veneto, però deve la sua vita alle uniche due storiche realtà aziendali del territorio che tutt’ora lo etichettano e lo commercializzano: la millenaria Cantina de “Il dominio di Bagnoli” e la Cantina Cooperativa di Conselve del 1950.
Quella che storicamente ha inciso maggiormente sulla ricerca e l’evoluzione tecnologica di questo antico vitigno autoctono è la Cantina di Conselve, un’azienda che conta oggi 800 soci conferitori con 43 aziende certificate . Questa Cantina nel corso della storia ha investito tantissime risorse sul Friularo, sulla sua scalata enografica verso la DOCG, nel provare ad internazionalizzare il più possibile il prodotto e puntando molto sulla sua longevità, producendo con esso diverse linee di etichette nella tipologia ‘Riserva’ che potessero quindi durare il più possibile nel tempo, anche se al proprio interno la produzione di questo vino rimane da sempre molto limitata e di nicchia soprattutto in confronto alle etichette prodotte con altri vitigni.
Vitigno Friularo
Anticamente il Friularo veniva coltivato sfruttando come sostegno non il classico filare, ma un supporto vivo, solitamente un salice, con sistemi detti “a tirella” o “a cassone padovano” ed ancora oggi alcuni coltivatori del luogo utilizzano questa tecnica. Esso è caratterizzato da grappoli particolarmente ampi composti da acini dalla buccia molto spessa ricca di polifenoli (soprattutto antociani) e tannini, infatti una volta trasformato il vino che se ne ottiene presenta un colore pieno ed intenso e tannini belli possenti propensi ad essere spesso ammorbiditi con l’affinamento in legno.
Ma una delle peculiarità chiave di questo vitigno sta proprio nell’etimologia del suo nome, infatti deriva dal termine dialettale veneto “friu” o più completamente “ vin frigoelaro” che letteralmente vuol dire vino del freddo, infatti questa è quella che viene chiamata tecnicamente uva tardiva.
Essa viene raccolta per ultimo tra ottobre e novembre per poi esser lasciata appassire in fruttaio dove riposa all’interno di cassette fino al periodo dell’epifania dove inizia invece la sua fase di pigiatura succeduta da un periodo di affinamento in botte che può raggiungere tranquillamente i 7-8 anni.
Per la sua predisposizione alla maturazione tardiva con successivo appassimento fa pensare ai molto più conosciuti e celebrati vini Amarone e Recioto della zona veronese della Valpolicella ma, seppur ,meno conosciuto, non ha nulla da invidiare a nessun’altro vino del mondo.
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