Di Michele Scognamiglio
Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze scientifiche che permettono anche ai vini bianchi di poter vantare importanti effetti benefici per la salute umana.
Quando si parla di benefici reali o potenziali del vino il pensiero va inevitabilmente a quello rosso.
L’associazione è in gran parte giustificata, infatti almeno potenzialmente il vino rosso sembra offrire molti più effetti protettivi verosimilmente grazie al più variegato e complesso corredo di polifenoli rispetto al vino bianco.
Del resto, la maggioranza dei composti polifenolici a cui vengano attribuite le molteplici e benefiche proprietà del vino e che vengono continuamente testati in diversi modelli cellulari ed animali presentano concentrazioni assai più elevate e talvolta esclusive nei vini rossi.
Negli ultimi anni tuttavia si sono accumulate evidenze scientifiche che permettono anche ai vini bianchi di poter vantare importanti effetti benefici per la salute umana e rappresentare così una valida alternativa per coloro che per gusti personali o altri motivi non si rivolgono ai più “muscolosi” rossi.
Recentemente uno studio a firma italiana, (Università di Milano) pubblicato su un autorevole rivista scientifica, dimostra che un particolare composto fenolico contenuto nel vino bianco, sarebbe in grado di garantire effetti positivi in particolare cardio e nefro-protettivi.
La sostanza in questione è l’acido caffeico, un acido organico di natura fenolica (non flavonoide) che è in grado di esercitare in vitro e in vivo molteplici ed interessanti effetti biologici.
Visto che l’acido caffeico rappresenta uno dei phytochemical più indagati negli ultimi anni anche in virtù di un suo possibile coinvolgimento nel favorire il dimagrimento, conosciamolo meglio.
Originariamente estratto dal caffè da cui deriva il nome, successivamente è stato rinvenuto in molti alimenti di origine vegetale come frutta, verdura (cicoria, carciofo, ecc.) e in diverse piante medicinali quali a titolo di esempio tarassaco, cardo, angelica, arnica e melissa.
Nei semi di caffè non tostato, il tanto ricercato caffè verde, l’acido caffeico si trova in quantità importanti sotto forma di acido clorogenico (che rappresenta l’estere dell’acido caffeico legato all’acido quinico), con il quale condivide le medesime proprietà salutistiche.
Una parte importante di questi preziosi composti nel caffe viene inevitabilmente perduta con la tostatura, sebbene un breve processo di torrefazione aumenta il potere antiossidante complessivo del caffe.
Come per altre sostanze biologicamente attive presenti negli alimenti, vino in primis, anche le proprietà antiossidanti del caffe non sono dovute ad una singola sostanza, ma ad un insieme eterogeneo di composti che danno origine al cosiddetto “fitocomplesso”.
Una volta ingerito il caffè, l’acido clorogenico viene idrolizzato, con conseguente liberazione di acido caffeico, che può essere assorbito ed espletare nell’organismo tutte le preziose funzioni di cui è capace.
Una interessante proprietà del caffè grazie alla ricchezza di sostanze di cui è dotato è quella di esercitare una documentata azione di prevenzione nei confronti di svariate neoplasie ed in particolare per quelle di origine epatica.
Diversi studi scientifici hanno infatti dimostrato che il consumo di caffè (e non solo di quello verde!) da parte di etilisti cronici rappresenta un significativo fattore di protezione nei confronti di seri danni al fegato quali cirrosi o epatocarcinomi.
L’ interesse per l’acido caffeico deriva dalla sue molteplici proprietà biologiche dimostrate in vitro e in vivo che (solo per citare quelle più studiate) potremmo riassumere in:
In particolare lo studio del team milanese ha dimostrato che l’acido caffeico contenuto nel vino bianco è in grado di modulare il rilascio ed aumentare la biodisponibilità di ossido nitrico endogeno, capace di esercitare diversi effetti tra cui azione vasodilatatrice e potenziamento dell’attività immunitaria.
L’acido caffeico in buona sostanza mettendo a disposizione dell’organismo una maggiore quantità di ossido nitrico, risulterebbe in grado di prevenire o limitare la progressione di patologie a carico di cuore e reni associate al danneggiamento del tessuto endoteliale indotto da ipossia e tossine uremiche.
Sembra, inoltre, che l’acido caffeico sia in grado di esercitare un’azione a livello genico modulando l’espressione di geni coinvolti nella protezione del sistema cardiovascolare.
I dati emersi dalla ricerca affermano gli scienziati forniscono una spiegazione ulteriore agli effetti positivi del consumo moderato di vino bianco già clinicamente riscontrati in passato su pazienti nefro e cardiopatici.
Ricerche precedenti avevano già dimostrato come altri composti presenti nel vino bianco quali Tirosolo e Idrossitirosolo (presenti in maggiori quantità nell’olio extravergine di oliva di recente produzione) avessero molteplici effetti benefici su cuore vasi e reni.
Val sempre ricordare che è assai verosimile che migliorando sempre più la conoscenza dell’esatta composizione degli alimenti in generale, vino incluso, altre molecole dotate di interessanti proprietà biologiche vengano nel corso degli anni progressivamente identificate.
Ad accrescere l’interesse nei confronti dell’acido caffeico contribuisce il fatto che risulta efficace a dosi estremamente basse (a differenza di altri composti fenolici).
Concentrazioni che possono essere raggiunte con il consumo di uno/due bicchieri di vino bianco al giorno in linea con le raccomandazioni relative al consumo di bevande alcoliche.
Il consumo moderato di vino bianco o rosso ai pasti costituisce tradizionalmente parte integrante dell’insuperato Modello Alimentare Mediterraneo, universalmente considerato efficace alla luce di prove scientifiche valide e robuste nella prevenzione e riduzione di svariate patologie.
Uno degli aspetti più interessanti di tale modello sul quale ancora poco si indaga è che esso oltre a garantire gli effetti preventivi e terapeutici su menzionati, risulta in grado di poter estendere tali benefici anche alle generazioni successive.
Sebbene alla dieta mediterranea si associ abitualmente un consumo moderato di vino rosso ai pasti, lo studio che ho appena citato, insieme ad altri suggerisce che anche il vino bianco può esercitare effetti positivi contribuendo al nostro stato di salute.
Semaforo verde al consumo moderato anche di vino bianco perchè se è vero che un (buon) bicchiere di vino non ha fatto mai male a nessuno, è altrettanto vero che l’assunzione eccessiva (di qualunque colore, denominazione e provenienza del vino) annulla i potenziali effetti benefici ed apporta di certo solo nocumento!
“Il vino è una cosa meravigliosamente appropriata per l’uomo se,
nella salute come nella malattia, lo si beve a proposito e con misura,
secondo la costituzione individuale”.
-Ippocrate
Parlando di proprietà del vino bianco, concludo con una notizia che sebbene richieda ulteriori conferme, può risultare di particolare interesse per le signore.
A quanto pare, tra i benefici del vino bianco e del più aristocratico champagne ci sarebbe anche quello di migliorare l’aspetto della pelle agendo da tonico ed efficace detergente.
In particolare, sarebbe la presenza di sostanze dalla potente azione antiossidante (acido caffeico, ferulico, ecc.) e di composti particolari quali l’acido tartarico che renderebbe vini bianchi e champagne capaci di esercitare una azione “detox” per la pelle, contribuendo a equilibrarne il tono, e mantenendola in salute.
Personalmente non verificherò le proprietà cosmetiche del vino,continuerò a riservargli un moderato “uso interno”, quello stesso utilizzo che da millenni ne ha decretato l’incontrastato successo.
Mi torna in mente Edoardo VII che in materia di vino sapeva il fatto suo:
“Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e… se
ne parla”
mi permetto di aggiungere io, non si… spalma!