Di Alberto Polliotti
La vivace disputa tra i due sistemi di allevamento più utilizzati
Alberto Palliotti – Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università di Perugia, Italy
In molti reali vitivinicoli italiani, da alcuni anni si è accesa una disputa piuttosto vivace tra due dei sistemi di allevamento più utilizzati, ovvero il cordone speronato ed il Guyot. Quest’ultimo, che nei suoi aspetti strutturali è simile al cordone speronato, dal quale si differenzia esclusivamente per la potatura lunga anziché corta, si sta diffondendo in differenti aree collinari dell’Italia, non particolarmente fertili, poiché permette di ottenere una densità fogliare ottimale ed una produzione bilanciata e sana, senza richiedere onerosi interventi di scacchiatura dei germogli, defogliazione e diradamento dei grappoli.

Il favoritismo dei regolamenti legislativi
In questi ultimi decenni, il cordone speronato ha avuto una rilevante espansione, soprattutto perchè consente di meccanizzare tutte le operazioni colturali. In svariate aree italiane, anche a seguito dell’attuazione di regolamenti dell’Unione Europea inerenti gli aiuti economici per la ristrutturazione dei vigneti, è stato favorito il sistema a cordone speronato che ha interessato oltre il 90% dei vigneti di nuovo impianto. L’aver attribuito a questo sistema un punteggio maggiore rispetto agli altri, in virtù della meccanizzazione integrale e del contenimento dei costi di produzione che vanta, ha contribuito alla sua diffusione, indipendentemente dalla vigoria del sito di coltivazione e dalla combinazione vitigno/portinnesto. L’esperienza in vigna di questi ultimi lustri afferma che il cordone speronato è decisamente affidabile ed e capace di assicurare una produzione equilibrata e di elevata qualità, soprattutto nelle aree collinari caratterizzate da vigoria contenuta e/o con l’impiego di portinnesti non vigorosi (es. 420A, 3309 C, 157-11 C).
Contenere le rese produttive: troppo spesso questo è il problema
In caso di vitigni dotati di alta fertilità gemmaria (superiore a 1,5-2) ed elevato peso del grappolo (maggiore di 250-300 g), il problema del contenimento della produzione entro i limiti imposti da numerosi disciplinari di produzione DOC e DOCG, ovvero 9-10 tonnellate/ettaro, è arduo ed economicamente oneroso, soprattutto se allevati su terreni fertili e/o con portinnesti vigorosi (es. 140 Ruggeri, 779 e 1103 Paulsen). Tra questi vitigni rientrano, ad esempio, Sangiovese, Montepulciano, Ciliegiolo, Tocai rosso, Canaiolo nero, Nero d’Avola, Carignano, Sagrantino, Refosco, Trebbiani, Malvasie, ecc. Inoltre, in tali condizioni il cordone speronato manifesta due problematiche: 1) i cordoni permanenti si invecchiano precocemente, poichè i desiderati tagli annuali, da eseguire rigorosamente sul legno di un anno, non sempre si riescono ad assicurare; quindi è necessario ricorrere a tagli sulle branche di 2 o più anni, cui segue una maggiore suscettibilità nei confronti delle malattie fungine del legno; 2) presenza di addensamenti fogliari nella fascia produttiva a causa di una elevata emissione di germogli dalle gemme di corona e dalle sottogemme, rendendo necessarie intense scacchiature e/o defogliazioni.
Gestione del cordone speronato
In presenza di vitigni produttivi, causa elevata fertilità gemmaria e peso del grappolo, soprattutto se coltivati in aree fertili, l’allevamento a cordone speronato richiede sovente il contenimento della produzione ettariale, onde evitare di superare il limite imposto dai disciplinari, che può essere ottenuto in potatura invernale in due modi:
1) Bassa carica di gemme + intensa scacchiatura dei germogli
2) Giusta carica di gemme + diradamento dei grappoli
La condizione 1) si consegue lasciando corti speroni potati rigorosamente ad 1 solo nodo, mentre la condizione 2) si realizza con speroni di 2 nodi ciascuno.
Condizione 1: nel caso di potatura corta degli speroni ad un solo nodo, si avrà lo sviluppo di numerosi germogli dalle corone e dalle sottogemme, nonché dalle gemme latenti lungo il cordone permanente (Fig. 1). Di conseguenza si rende necessaria una sistematica ed attenta operazione di scacchiatura dei germogli in esubero, da effettuarsi entro il mese di maggio, con una richiesta di lavoro manuale che può superare anche 50-60 ore ad ettaro.
A |
B |
Fig. 1 – Scacchiatura dei germogli in un vigneto di Sagrantino allevato a cordone speronato e potato con speroni ad 1 solo nodo (A). Abbondante riemissione di germogli dalla corona e dalle sottogemme in uno sperone di Sagrantino potato corto ad un solo nodo (B).
Condizione 2: qualora ci si affidi a cariche di gemme maggiori rispetto a quella ideale, perseguibile impostando speroni di 2 nodi ciascuno, necessariamente si supererà il limite massimo produttivo permesso dal disciplinare (Fig. 2), ed allora occorrerà intervenire con un diradamento dei grappoli (che ovviamente perde il carattere di intervento correttivo una tantum ed acquisisce invece un ruolo di operazione colturale inevitabile e quindi sistematica). Ciò comporta un aggravio di costi, poiché questa operazione, rigorosamente manuale, può richiedere fino a 40 ore/ha.
A |
B |
Fig. 2 – Vigneti di Sangiovese (A) e di Trebbiano toscano (B) allevati a cordone speronato su terreni fertili e con portinnesti vigorosi con una produzione unitaria troppo elevata, che richiede interventi di diradamento. |
Guyot versus cordone speronato
A parità di condizioni pedo-climatiche e gestionali, rispetto al cordone speronato, il Guyot mostra, in generale, una riduzione del vigore e della fogliosità della parete cui seguono una minore intercettazione della luce nel corso della giornata (Fig. 3) e capacità fotosintetica della chioma. Esperienze dirette eseguite in centro Italia sul vitigno Grechetto, oltre che su Sagrantino e Sangiovese, denotano che nel Guyot la minore densità di vegetazione è stimabile anche visivamente, così come la capacità di intercettazione della luce che, in pre-vendemmia tra le 10 e le 11 del mattino, è risultata mediamente ridotta del 20-25%, passando dal 80-85% del cordone speronato al 55-60% del Guyot (Fig. 3).
A |
B |
Fig. 3 – Filari di Grechetto allevati a Guyot (A) e a cordone speronato (B) con una differente capacità nell’intercettazione della luce da parte della chioma. La proiezione dell’ombreggiamento della chioma a terra nell’interfilare indica la quantità di luce intercettata da parte della chioma.
Questi dati sottolineano come il Guyot, a parità di condizioni pedo-climatiche e gestionali, assicura una riduzione della fogliosità e del vigore rispetto al cordone speronato. Dal punto di vista produttivo, il Guyot riduce leggermente il peso dell’acino e quindi la produttività unitaria cui segue una diminuzione del grado di compattezza del grappolo con risvolti positivi sulla tolleranza alle malattie fungine. Di contro, in tali circostanze, il cordone speronato assicura una maggiore concentrazione zuccherina nell’uva (in media +0,8-1 °Brix).
Cambiare habitus in corsa
In virtù di quanto sopra, da alcuni anni, numerose aziende vitivinicole hanno iniziato operazioni di riconversione del sistema di allevamento da cordone speronato a Guyot mediante il taglio del tronco e l’allevamento di capi a frutto.
Considerazioni applicative
Occorre sottolineare che nessun sistema di allevamento è esente da problemi e può quindi rappresentare una panacea, ovvero essere utilizzato ovunque e con tutte le combinazioni vitigno/portinnesto. Nelle Tabelle che seguono sono riportati i punti di forza e di debolezza relativi ai due sistemi di allevamento in esame che forniscono utili informazioni per la scelta tra cordone speronato e Guyot da adottare in impianti futuri o in previsione di una eventuale riconversione, qualora i risultati quanti-qualitativi del vigneto esistente non sono soddisfacenti.
CORDONE SPERONATO
Punti di forza | Punti di debolezza |
· É integralmente meccanizzabile;
· Assicura uniformità di crescita dei germogli e di maturazione dei grappoli; · Elevata flessibilità nell’impostazione della carica di gemme a ceppo; · La fascia produttiva è ben separata da quella vegetativa con un miglioramento nel relativo microclima e nell’efficienza dei trattamenti antiparassitari; · É indicato per la produzione di uve a bacca nera per vini di elevato pregio, poiché il cordone permanente consente di immagazzinare maggiori quantità di sostanze di riserva che possono contribuire a sostenere la formazione e l’accumulo delle sostanze fenoliche nell’uva e a superare periodi temporanei di stress sia biotici che abiotici. |
§ Precoce invecchiamento dei cordoni permanenti, soprattutto se potati da personale non esperto;
§ Non adatto a vitigni con gemme basali poco fertili, quali Verdicchio, Nebbiolo, Albana, ecc.; § Nei vitigni ad elevato peso medio del grappolo ed elevata fertilità gemmaria causa addensamenti dei grappoli con numerosi punti di contatto, maggiormente suscettibili agli attacchi fungini; § Notevole addensamento fogliare nella zona dei grappoli quando la combinazione vitigno- ambiente porta ad una elevata emissione di germogli dalle gemme di corona o dalle sottogemme rendendo necessarie intense scacchiature e/o defogliazioni nella fascia produttiva. |
GUYOT
Punti di forza | Punti di debolezza |
a) relativa semplicità della potatura invernale;
b) attitudine alla vendemmia meccanica, ma non alla potatura meccanica; c) idoneo per tutte le cultivar, comprese quelle con scarsa fertilità delle gemme basali; d) ottimale densità fogliare nella fascia produttiva, che risulta ben separata da quella vegetativa e permette una buona penetrazione della luce e dei trattamenti antiparassitari.
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a) tempi elevati per la potatura invernale, non meccanizzabile, richiede la legatura dei capi a frutto;
b) difforme sviluppo dei germogli sul capo a frutto, soprattutto se è di lunghezza elevata, il cui tratto mediano può presentare gemme che rimangono cieche o che originano germogli troppo deboli a confronto con quelli dei tratti distale e basale; c) scarsa possibilità di modificare il carico di gemme per vite, lo spazio destinato al capo a frutto è fisso poiché definito dalla distanza delle viti sulla fila. Per ovviare a questo inconveniente si potrebbe ricorrere alla versione bilaterale o all’archetto (Fig. 3). |